Analisi critica delle sentenze “gemelle” della corte di cassazione nn. 12965/2016 del 22.6.2016 e n. 22270/2016 del 3.11.2016. Le ragioni per cui le cms devono essere computate ai fini del calcolo del teg nonostante gli arresti giurisprudenziali di legittimità

 

Nel presente contributo audio-video, a cui si rinvia per l’approfondimento di tutti i temi trattati, l’Avv. Francesco Roli analizza con chiarezza e precisione le sentenze in commento, evidenziando i 4 punti critici meritevoli di censura che di seguito si sintetizzano.

 

 

1)  L. 2/2009: norma di interpretazione autentica o norma innovativa?

Il primo punto in contestazione è rappresentato dalla particolare natura attribuita dalla Suprema Corte alla L. 2/2009. La Corte di legittimità identifica la L. 2/2009 non come norma di interpretazione autentica della L. 108/96, ma come innovativa rispetto alla precedente legislazione. Secondo la Cassazione, infatti, tale legge, incardinandosi nel dettato normativo dal 3° comma dell’art. 1 L. 108/96, in forza del quale “la legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono da considerarsi usurari”, va a modificare i criteri di computazione del vaglio usurario nei rapporti di conto corrente e di relativa apertura di credito. In particolare la Suprema Corte ritiene, pertanto, che detta L. 2/2009 vada a determinare, in maniera innovativa per quanto attiene alle sole CMS, il nuovo limite di soglia usura, con vis novativa rispetto alla legislazione antecedente, prevedendo che, a differenza del passato, almeno secondo la Corte, le CMS, a far data dall’1.1.2010, e oggi denominate CIV e Commissione disposizione fondi, dovessero essere considerate ai fini del calcolo del TEG.

Conseguenza deflagrante di tale impostazione si sostanzia negli effetti riconosciuti a detta L. 2/2009; se, infatti, la si considera come legge di interpretazione autentica, le CMS, sin dall’entrata in vigore della L. 108/96, devono essere considerate ai fini del calcolo del TEG, trattandosi la L. 2/2009 di una mera disposizione di legge volta, non a modificare la disciplina già esistente, ma, al contrario, a fornirne una lettura ermeneutica chiarificatrice ad opera del legislatore stesso; se, invece, la si qualifica come norma innovativa, come a chiare lettere ha ritenuto la Cassazione, trattandosi di norma sanzionatoria, essa potrebbe avere applicazione solo a far data dalla sua entrata in vigore, con conseguente esclusione delle CMS dal calcolo del TEG sino al 1.1.2010.

 
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2)  Rilevanza della normativa secondaria emessa dal MEF e da Banca d’Italia ai fini del calcolo del TEG e della rilevazione del tasso soglia d’usura

La Cassazione, nella sentenza in commento, riconoscendo la legittimità delle disposizioni normative di secondo grado emesse da Banca d’Italia volte a disciplinare il metodo per il calcolo del TEG e del Tasso Soglia, nonché la loro natura vincolante e preminente rispetto alla norma primaria generale (L. 108/96), va a ledere il principio dettato dall’art. 101 Cost. secondo cui, qualora emerga un conflitto tra le due fonti è evidente che l’esito del contrasto non possa che risolversi in favore della Legge, con soccombenza inevitabile ed ontologica della norma secondaria, stante l’obbligo per il giudicante, ai sensi dell’art. 101 Cost., di essere soggetto solo alla legge e di dare applicazione unicamente a quest’ultima in caso di contrasto con norma di grado inferiore (artt. 4 e 5 dell’Allegato E, L. 2248/1865).

Pertanto, in considerazione dell’evidente conflitto tra il dettato della L. 108/96 e le norme secondarie emesse da Banca d’Italia e MEF, il giudice dovrebbe disapplicare queste ultime in quanto contrastanti con il testo di legge e non espressione attuativa dello stesso, come proditoriamente sostenuto dagli ermellini.

Si evidenzia, infatti, come la normativa primaria avesse delegato il MEF e Banca Italia unicamente a fotografare il TEG, senza autorizzarli a stabilire i metodi di calcolo del TEG e del tasso soglia; pertanto, ogni altro potere che MEF e Banca d’Italia possono essersi attribuiti in via autonoma non sono da ritenersi legittimi in quanto esorbitanti rispetto alla delega ricevuta dalla norma primaria.

 

3)  Principio di omogeneità: paradosso concettuale e critica 

Il principio di omogeneità, nella materia in esame, si sostanzia nella necessaria applicazione delle regole dettate da Banca Italia per rilevazione TEGM anche ai fini del calcolo del TEG; pertanto, in ottemperanza a tale principio, posto che le CMS non vengono rilevate nel calcolo del TEGM, non possono del pari essere considerate ai fini del calcolo del TEG, al fine di non confrontare elementi disomogenei. Alla luce di questo principio se si voglia valutare la natura usuraria della CMS occorre confrontare le stesse con il tasso soglia di riferimento per le CMS, introdotto, arbitrariamente da Banca Italia a far data dal 2 dicembre 2005, e non, pertanto, considerando le CMS nel TEG e con il tasso soglia stabilito ex lege.

Detto principio, sommariamente innanzi espresso, non può essere condiviso per le seguenti ragioni:

a)    Stante quanto espresso al punto 2), le norme di legge volte a disciplinare il calcolo del TEG e del tasso soglia non possono essere poste sul medesimo piano delle norme secondarie emesse da Banca d’Italia, con conseguente inapplicabilità del principio in esame;

b)    il tasso soglia, per ciascuna categoria di rapporti, è unico e non possono essere individuati altri tassi soglia (es. tasso soglia di mora e/o tasso soglia CMS) da soggetti diversi che non siano il legislatore stesso, con conseguente irrilevanza degli eccessi creativi realizzati da Banca d’Italia;

c)    se si dovesse tener conto delle esclusioni operate da Banca d’Italia nelle istruzioni per il calcolo del TEGM non sarebbe possibile rilevare con correttezza il TEG. Infatti, se da un lato le istruzioni escludono dalle rilevazioni i tassi più alti possibili (di sconfino, incaglio e sofferenza), dall’altro non sarebbe possibile non considerare detti tassi ai fini della valutazione del superamento del tasso soglia.

Il principio di omogeneità, in altre parole, consente, in linea teorica di confrontare elementi omogenei, ma in realtà rappresenta lo strumento identificato dalle banche al fine di modificare a piacimento il limite di soglia e/o il valore del TEG, con evidente violazione dei principi di legittimità e di certezza del diritto, palesandosi così, con massima chiarezza, per la sua inapplicabilità ed illegittimità.

 

4)  Il riconoscimento giurisprudenziale del tasso soglia CMS del principio di omogeneità

La Corte di Cassazione, nelle sentenze in esame, nel ribadire l’esclusione dal calcolo del TEG delle CMS avente funzione remunerativa autonoma nel periodo precedente la vigenza della L. 2/2009, stante la formale netta distinzione tra queste e gli interessi corrispettivi, ha stabilito il seguente principio: “pertanto l’eventuale usurarietà del rapporto bancario può conseguire solo da una giustapposizione che, assumendo dal valore percepito di periodo la CMS e riscontratane in ipotesi il superamento di percentuale rispetto a quella massima, vada ad aggiungere tale costo improprio e non dovuto all’interesse propriamente detto, verificando se, per tale via, non sia stato superato in modo indiretto il tasso-soglia per aver questo così oltrepassato lo spread del TEGM, addizionandosi ad un costo che, nella singola vicenda di finanziamento, abbia tuttavia operato non come CMS, bensì come remunerazione sostanzialmente coincidente con l’interesse” (Cass. n. 12965/2016).

Volendo, tuttavia, decrittare il passaggio della sentenza innanzi riportato, la Corte ha voluto rimarcare con assoluta forza il principio di omogeneità, imponendo al giudice di rinvio di confrontare le CMS con il relativo tasso soglia CMS, con onere, tuttavia, di verificare la reale natura delle CMS e la loro concreta applicazione in costanza di rapporto.

Stante, tuttavia, tutto quanto esposto ai punti precedenti, si ritiene come non possano essere condivisi i principi espressi nelle sentenze in esame, in ragione della loro contrarietà a norme di legge imperative.

 

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