Per meglio identificare l’oggetto del presente articolo, si riporta l’esempio di una tipica clausola che prevede interessi di mora, con la c.d. “clausola di salvaguardia” evidenziata in grassetto:

“In caso di mancato o ritardato pagamento anche di una sola rata e comunque su ogni somma contrattualmente dovuta dal mutuatario, matureranno a carico dello stesso, a decorrere dalla data di scadenza e fino al momento del pagamento, gli interessi di mora nella misura annua pari al tasso applicato al mutuo maggiorato di due punti percentuali, fermo restando che la misura di tali interessi, nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, non potrà mai essere superiore al limite fissato ai sensi dell’art. 2, comma 4, della legge 7/3/1996 , n. 108, dovendosi intendere, in caso di teorico superamento di detto limite, che la loro misura sia pari al limite medesimo.”

 

Ora, la domanda che si pone più frequentemente è se la clausola di salvaguardia che normalmente è presente nella clausola che determina il tasso di mora di un mutuo o finanziamento o leasing, sia in grado di “proteggere” la banca dal reato di usura qualora al momento della stipula del contratto il suddetto tasso di mora superi il tasso soglia di riferimento.

 

Per una migliore esemplificazione prendiamo la clausola di esempio sopra riportata: se il tasso di mora al momento della stipula del contratto risulta essere dell’8% (facendo finta che il tasso applicato al mutuo fosse del 6%), e il tasso soglia del 7%, si può dire che la banca abbia applicato un tasso oltre la soglia e che quindi abbia usurato il cliente?

Oppure si deve pensare che il “limitatore automatico” che è proprio della clausola di salvaguardia abbia ricondotto quell’8% ad un 7%, e cioè ad un tasso pari al tasso soglia di quel momento?

 

Posto che l’esistenza della clausola di salvaguardia è determinata dall’impossibilità di sapere, nel futuro, quali saranno i tassi soglia previsti trimestralmente dal Ministero del Tesoro, si può dire che la banca sia “scusata” dall’aver previsto un tasso usuraio al momento della stipula anche se in quel preciso momento sa bene che il tasso di mora pattuito è oltre la soglia?

Secondo alcune decisioni di merito sembrerebbe di sì, nel senso che non si ritiene che la banca abbia violato l’art. 644 c.p. poiché la clausola di salvaguardia ha agito da salvagente a favore della banca.

 

Esistono tuttavia alcune recenti decisioni che dispongono diversamente e che ritengono che l’usura sussista indipendentemente dalla presenza della clausola di salvaguardia poiché al momento della stipula del contratto la banca ha pattuito un tasso di interesse oltre la soglia violando quindi l’art. 644 c.p. .

Ecco le due decisioni:

Tribunale di Benevento 30/12/2015

Tribunale di Bari 27/11/2015

Corso di specializzazione in Usura Bancaria (3)

Nel video pubblicato qui sotto e che ti invito a guardare (8 minuti), l’Avv. Francesco Roli concorda con le suddette decisioni di Benevento e di Bari poiché ritiene che la clausola di salvaguardia non possa superare il tenore dell’art. 644 c.p., il quale prevede che il reato di usura si consumi con la semplice promessa di interessi usurari.

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clausola salvaguardia tasso di mora

 

A sostegno della tesi della non rilevanza della clausola di salvaguardia sul tasso di mora usuraio applicato al contratto, si riporta questa riflessione dell’ Ufficio Legale di Centro Anomalie Bancarie che sovraintende la redazione delle perizie nella loro estensione giuridica.

“A parere dello scrivente, la presenza di siffatta clausola (c.d. limitativa) non può impedire il configurarsi del reato di usura (oggettiva) qualora il tasso di mora risulti pattuito tra le parti, alla stipula del contratto, in misura superiore al tasso soglia di riferimento, per le motivazioni che seguono.

La clausola limitativa ha evidentemente due scopi principali: il primo è quello di garantire alla Banca un certo guadagno, tradotto in spread, ogniqualvolta il cliente risulti in mora e quindi si trovi in ritardo nei pagamenti, e il secondo è quello di tutelare la medesima dal possibile supero del tasso soglia da parte del tasso di mora nei trimestri successivi alla stipula del contratto, dal momento che lo stesso tasso di mora è stato pattuito come variabile nel tempo.

Detta clausola, fonda la sua ragion d’essere su di un presupposto fondamentale: l’impossibilità di conoscere la determinazione futura dei tassi soglia e quindi la loro la variabilità nel corso del tempo (com’è noto, infatti, i tassi soglia sono determinati trimestralmente dal Ministero del Tesoro).

In altre parole, è come se la Banca prevedesse un “limitatore automatico” in tutti i casi in cui il tasso di mora , così come pattuito in contratto, superasse il limite del tasso soglia di volta in volta determinato dal Ministero.
La sua ragion d’essere, pertanto, ben può giustificarsi se prevista per il futuro del contratto, e cioè per il periodo in cui risultano ancora sconosciuti i tassi soglia di riferimento.

Al momento della stipula del contratto, tuttavia, il tasso soglia di riferimento è noto alla Banca, poiché già pubblicato dal Ministero del Tesoro.

Ciò induce a ritenere che la clausola suddetta non possa trovare concreta applicazione al momento della stipula in quanto priva di causa (e quindi invalida), dal momento che, da un lato, non sussiste il presupposto fondamentale che legittima la sua applicabilità, e cioè l’impossibilità di conoscere il tasso soglia del trimestre in corso, dall’altro è nel pieno potere della Banca perseguire lo scopo sotteso alla clausola limitativa, e cioè fissare un tasso di mora nei limiti del tasso soglia, ed evitare di “cadere” nel reato di usura.

A ciò si aggiunga che la Banca, nel perseguire lo scopo di assicurarsi un certo guadagno in caso di mora del cliente, ben potrebbe prevedere due tassi di mora differenti: uno valido per il trimestre in corso, prevedendo uno spread (più basso) che impedisca alla banca di usurare il cliente, ed uno valido per il restante rapporto contrattuale, prevedendo un altro spread (più alto) che possa garantirgli una certa soddisfazione economica.

In definitiva, si ritiene che la suddetta clausola risulti valida solo a partire dal trimestre successivo a quello di stipula del contratto (poiché ancora non si conosce, al momento della stipula, quale sia il tasso soglia di riferimento di quel periodo e di quelli successivi) ma che sia priva di causa, e quindi invalida, se riferita al tasso di mora fissato dalla mutuante al momento della stipula del contratto, momento nel quale il tasso di soglia è noto, e la Banca ha la facoltà di scegliere un tasso di mora nei limiti del tasso soglia.

Pertanto, se è vero che la clausola limitativa può impedire che si configuri il reato di usura a partire dal trimestre successivo a quello di stipula del contratto, non è altrettanto vero, a parere dello scrivente, che la suddetta clausola abbia lo stesso effetto in riferimento al tasso di mora fissato dalla Banca al momento della sottoscrizione del contratto.”

 

Centro Anomalie Bancarie
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